giovedì 30 dicembre 2010

da "Il sergente nella neve" di M.Rigoni Stern

“[…] I russi ci tengono d’occhio. Corro e busso alla porta di un’isba. Entro.

Vi sono dei soldati russi là. Dei prigionieri? No sono armati […] io ho in mano il fucile. Li guardo impietrito. Stanno mangiando attorno ad una tavola.[…] mi guardano con i cucchiai sospesi a mezz’aria. […] vi sono anche delle donne. Una prende un piatto, lo riempie di latte e miglio, con un mestolo dalla zuppiera di tutti, e me lo porge. Io faccio un passo avanti, mi metto il fucile in spalla e mangio. Il tempo non esiste più. I soldati russi mi guardano. Le donne mi guardano. I bambini mi guardano. Nessuno fiata. […]-spaziba – dico quando ho finito. E la donna prende dalle mie mani il piatto vuoto. – Pasausta – mi risponde con semplicità. I soldati russi mi guardano uscire senza che si siano mossi. […] Così è successo questo fatto. Ora non lo trovo affatto strano, a pensarvi, ma naturale di quella natura che una volta dev’esserci stata tra gli uomini.[…]era una cosa molto semplice. Anche i russi erano come me, lo sentivo. In quell’isba si era creata tra me e i soldati russi, e le donne e i bambini un’armonia che non era un armistizio.

Era qualcosa di molto più del rispetto che gli animali della foresta hanno gli uni per gli altri. Una volta tanto le circostanze avevano portato gli uomini a saper restare uomini. Chissà dove saranno ora quei soldati, quelle donne, quei bambini. Io spero che la guerra gli abbia risparmiati tutti. Finché saremo vivi ci ricorderemo, tutti quanti eravamo, come ci siamo comportati. I bambini specialmente. Se questo è successo una volta potrà tornare a succedere, voglio dire, a innumerevoli altri uomini e diventare un costume, un modo di vivere”.

(M.Rigoni Stern, Il sergente nella neve, Einaudi, 2001).

martedì 21 dicembre 2010

"La fila indiana" da "Il razzismo è una brutta storia" di Ascanio Celestini

“io cammino in fila indiana.
io sono il numero 23724.
non lo posso dire con certezza.
è una cosa che ho dedotto dal fatto
che quello che cammina davanti a me mi ha detto che lui è il 23723.
Perciò se la matematica non è un’opinione io sarei proprio il 23724.

Io cammino in fila indiana.
Camminando vedo quello che cammina avanti a me.
Gli vedo la nuca, il collo, le spalle e la schiena, il culo e le gambe e infine le scarpe.
La faccia non posso vederla.
Non gliel’ho mai vista.

Io cammino in fila indiana.
Ma il numero 1, il primo della fila, quello l’ho visto.
Lo vedo sempre. Lo vedo in televisione.
E’ numero 1 che ci dice “andare piano” e noi tutti camminiamo piano.
E’ numero 1 che ci dice “andare forte” e noi tutti camminiamo forte.
Numero 1 ci dice anche “marciare” e noi tutti a marciare.

Io cammino in fila indiana.
E a un certo punto vedo uno che cammina a fianco a me.”

lunedì 20 dicembre 2010

"Il mondo che vogliamo" di Emergency

Crediamo nella eguaglianza di tutti gli esseri umani a prescindere dalle opinioni, dal sesso, dalla razza, dalla appartenenza etnica, politica, religiosa, dalla loro condizione sociale ed economica.

Ripudiamo la violenza, il terrorismo e la guerra come strumenti per risolvere le contese tra gli uomini, i popoli e gli stati. Vogliamo un mondo basato sulla giustizia sociale, sulla solidarietà, sul rispetto reciproco, sul dialogo, su un'equa distribuzione delle risorse.

Vogliamo un mondo in cui i governi garantiscano l'eguaglianza di base di tutti i membri della società, il diritto a cure mediche di elevata qualità e gratuite, il diritto a una istruzione pubblica che sviluppi la persona umana e ne arricchisca le conoscenze, il diritto a una libera informazione.

Nel nostro Paese assistiamo invece, da molti anni, alla progressiva e sistematica demolizione di ogni principio di convivenza civile. Una gravissima deriva di barbarie è davanti ai nostri occhi.

In nome delle "alleanze internazionali", la classe politica italiana ha scelto la guerra e l'aggressione di altri Paesi.

In nome della "libertà", la classe politica italiana ha scelto la guerra contro i propri cittadini costruendo un sistema di privilegi, basato sull'esclusione e sulla discriminazione, un sistema di arrogante prevaricazione, di ordinaria corruzione.

In nome della "sicurezza", la classe politica italiana ha scelto la guerra contro chi è venuto in Italia per sopravvivere, incitando all'odio e al razzismo.

È questa una democrazia? Solo perché include tecniche elettorali di rappresentatività? Basta che in un Paese si voti perché lo si possa definire "democratico"?

Noi consideriamo democratico un sistema politico che lavori per il bene comune privilegiando nel proprio agire i bisogni dei meno abbienti e dei gruppi sociali più deboli, per migliorarne le condizioni di vita, perché si possa essere una società di cittadini.

È questo il mondo che vogliamo. Per noi, per tutti noi. Un mondo di eguaglianza.

"Il mondo che vogliamo" è il titolo del documento che Emergency ha discusso durante il suo nono Incontro nazionale 7-12 settembre, Firenze 2010

sabato 11 dicembre 2010

"Una volta sognai" di Alda Merini

Una volta sognai
di essere una tartaruga gigante
con scheletro d’avorio
che trascinava bimbi e piccini e alghe
e rifiuti e fiori
e tutti si aggrappavano a me,
sulla mia scorza dura.
Ero una tartaruga che barcollava
sotto il peso dell’amore
molto lenta a capire
e svelta a benedire.
Così, figli miei,
una volta vi hanno buttato nell’acqua
e voi vi siete aggrappati al mio guscio
e io vi ho portati in salvo
perché questa testuggine marina
è la terra
che vi salva
dalla morte dell’acqua.

Alda Merini

mercoledì 1 dicembre 2010

Caro Saviano...

Hai ragione Roberto, la legalità dovrebbe essere difesa sempre, ma allora dobbiamo farti sapere che “le colonie israeliane sono illegali secondo la legge Internazionale e sono state ripetutamente condannate nelle risoluzioni del consiglio di sicurezza dell’ONU, n°446, 452, 465, 471 e 476 ecc…
A te che anche nell’ultima puntata di Vieni via con me hai chiamato Israele: “terra di kamikaze”…

Cosa c'è di peggio?

Ieri sera il Ministro Maroni commentando le proteste degli studenti contro la "riforma Gelmini" ha detto che non c'è nulla di peggio della violenza alle istituzioni.
Beh, caro Ministro, di peggio c'è la violenza delle istituzioni...